
24 Set Ai bambini succede di essere picchiati. Capita che a farlo siano i genitori.
Ai bambini succede di essere picchiati. Capita che a farlo siano i genitori.
Le botte di una madre o di un padre insegnano molte cose: insegnano che è possibile essere picchiati proprio da chi ami di più; che, spiegandoti che ti deve educare, tua madre, tuo padre può colpire il tuo corpo.
Chi picchia dicendo di averne diritto in realtà sta solo esercitando il suo potere su un altro, ma una madre o un padre possono sempre dire di farlo “per il tuo bene”, per insegnare qualcosa.
È vero che le botte educano, ma a che cosa?
- Insegnano ad avere paura, a leggere i minimi sintomi di tensione e a tremare intimamente.
- Insegnano a provare rabbia per il senso di incomprensione e di ingiustizia.
- Insegnano la vergogna per aver sbagliato così gravemente; perché non si è abbastanza preziosi da proteggere e rispettare.
- Insegnano il senso di colpa, perché viene detto che le botte le si è meritate con quel che si è fatto, con quel che si è dimostrato di essere.
- Insegnano che picchiare è lecito per risolvere una questione critica, soprattutto con chi è più debole e indifeso.
Poi si cresce, si diventa genitori. E succede di picchiare.
Succede.
Si può credere di far bene perché un tempo l’hanno fatto mamma e papà.
Si possono avere dei dubbi.
Si può non volerlo fare, eppure succede.
Arrivano momenti di difficoltà, emergenze in cui ci si ritrova disorientati e impotenti, a volte spaventati.
Di solito si è soli.
Si interrompe la sintonia con coloro a cui vogliamo bene, gli altri sembrano provocare e farsi nemici.
Sono momenti di grande fragilità in cui si fatica ad avere fiducia.
Ci si sente messi alla prova e si dispera di farcela.
Ed ecco che dentro la rabbia sale, quasi un odio profondo e distruttivo.
Impulsi violenti spingono proprio contro chi è più caro.
Madri, padri contro i figli.
Si urla, si agitano le mani, si scuotono con forza un braccio, le spalle. Il proprio sguardo si fa furioso, minaccia.
Un bambino che lo coglie distoglie il suo, si spaventa. Anche questo può sembrare provocatorio o un rifiuto.
Magari non è così che si vorrebbe agire, ma qualcosa preme da dentro e non si riesce a controllarlo.
L’istante dopo ci si ritrova sconcertati dal proprio comportamento, a volte si prova orrore per sé stessi, per quell’impulso che sembra aver preso il possesso del proprio corpo e della propria mente.
Con i figli spesso questi impulsi si animano nelle situazioni che richiamano dal passato episodi in cui si è subita la rabbia altrui, in cui ci si è sentito negato il rispetto; le mani si alzano quando il corpo ha memoria di averle sentite calare.
Impulsi intrisi di ricordi fatti di dolore e paura, rabbia e vergogna.
Anelli di una catena che si saldano da una generazione all’altra, che solo la luce della consapevolezza e un esercizio quotidiano fatto di cura, attenzione e rispetto possono scindere.
Occorre imparare a riconoscere ciò che si prova e ciò di cui si ha davvero bisogno, avere il coraggio di guardare che cosa si nasconde sotto alla rabbia di certi momenti.
Occorre educarsi, rieducarsi diversamente.
Anche questo succede.
Elisa Benzi – Consulente genitoriale e mediatrice familiare